Chi l’avrebbe mai detto che l’intelligenza artificiale, quella roba che fino a pochi anni fa vedevamo solo nei film, sarebbe diventata parte integrante della nostra vita? E non parlo solo di cose futuristiche tipo robot che cucinano la cena o auto che si guidano da sole (anche se ci stiamo arrivando). Parlo delle piccole cose di ogni giorno, quelle che diamo ormai per scontate, come chiedere a Siri di mettere la sveglia o farsi suggerire una serie su Netflix.
Se ci pensate, l’IA è dappertutto. È quella che completa i messaggi che scriviamo sul cellulare (e che a volte ci fa fare figure imbarazzanti quando sbaglia), quella che ci consiglia acquisti improbabili su Amazon, tipo un set di coltelli giapponesi perché “forse ti interessa”, e persino quella che ci dice che tempo farà, anche se spesso sbaglia pure lei. È diventata così normale che persino mia nonna, che fino a ieri si rifiutava di usare il telefono, ora si diverte a parlare con Alexa.
Ma non è solo una questione di comodità. L’IA sta cambiando anche il lavoro, e non sempre in modo tranquillo. Da una parte, aiuta in mestieri che richiedono precisione, come la medicina, dove riesce a fare diagnosi in tempo record, o l’ingegneria, con progetti che sembrano usciti da un film di fantascienza. Dall’altra, però, molte persone si chiedono se un giorno non finirà per sostituire del tutto alcuni lavori. Insomma, ci siamo dentro fino al collo, e dobbiamo capire come usarla senza farci usare.
Secondo un approfondimento della professoressa Elena Alcamesi, l’IA ha ormai rivoluzionato molti settori:
Finanza: utilizzata per analizzare dati, individuare frodi e prevedere tendenze di mercato.
Produzione: fondamentale per ottimizzare processi, migliorare la qualità del prodotto e ridurre i costi.
Giochi e intrattenimento: rende i videogiochi sempre più realistici e impegnativi, grazie ad avversari virtuali intelligenti.
Trasporti: consente di organizzare il traffico e migliorare la logistica, riducendo tempi di viaggio.
Il bello (o il brutto?) è che tutto questo è successo in pochissimo tempo. Negli ultimi dieci anni, grazie alla quantità assurda di dati che produciamo ogni giorno, foto, messaggi, ricerche su Google tipo “come sopravvivere a scuola senza studiare”, l’IA è diventata incredibilmente potente. Sa praticamente tutto di noi: cosa ci piace, cosa odiamo e anche cosa mangeremo stasera, se siamo tra quelli che usano app per decidere cosa cucinare con gli avanzi del frigo.
Eppure, non è tutto rose e fiori. Certo, l’IA ci rende la vita più facile, ma ci sono anche rischi. Cosa succede se ci abituiamo troppo a farci risolvere i problemi dalle macchine? E se un giorno, nel lavoro o nella scuola, il “pensiero critico” diventasse solo un’opzione, perché tanto c’è un algoritmo che lo fa per noi?
Confesso, io stesso mi sono lasciato prendere la mano. Una volta ho chiesto a un chatbot di aiutarmi con i compiti. Ha fatto un lavoro discreto, diciamo da 6, ma alla fine mi sono reso conto che non sapevo davvero nulla di quello che avevo consegnato. Ecco, credo sia questa la lezione: possiamo usare l’IA, e va benissimo, ma dobbiamo ricordarci che la vera intelligenza è ancora quella che abbiamo in testa.
Quindi, il futuro è qui, che ci piaccia o no. Possiamo lasciarci travolgere o imparare a gestirlo. Come un supereroe con superpoteri: può fare cose incredibili, ma bisogna stare attenti a come viene utilizzata.
E ora, scusatemi, ma devo andare: il mio assistente vocale mi sta ricordando che è ora di studiare. Chissà, magari stavolta ci provo davvero, senza trucchi tecnologici.