Sai… io ci penso spesso. Al fatto che potrei essere io.
Io, una come tante. Cammino per strada, mi guardo attorno, mi sento osservata. Mi stringo il giubbotto un po’ di più, come se bastasse a proteggermi. Mi ripeto che va tutto bene, ma dentro c’è una voce che urla: non abbassare la guardia.
E mi chiedo: perché? Perché a diciassette anni devo vivere con questa paura? Paura di non tornare più a casa, paura che il mio “no” non venga ascoltato. Paura di finire come loro… come quelle donne che leggiamo nei titoli dei giornali.
Titoli che sembrano sempre gli stessi: Uccisa dall’ex compagno. Colpita per gelosia. Stava cercando di lasciarlo. Sempre colpa nostra, vero? Sempre “doveva pensarci meglio”. Come se chiedere rispetto fosse un peccato.
Io non le conoscevo, quelle donne. Ma le sento vicine, come sorelle. Perché anche loro avranno avuto sogni, no? Una vita davanti, amici, passioni. Anche loro avranno detto: io sono forte, a me non succederà mai.
E invece… invece a volte non basta essere forti. Non basta dire basta. Perché ci sono uomini che ti vedono come una cosa, non come una persona. E se non sei più loro, allora non puoi essere di nessuno.
E io mi chiedo: chi urlerà per me, se un giorno toccherà a me? Chi scriverà il mio nome?
Eppure non voglio vivere così. Non voglio. Voglio camminare libera. Voglio che il mio “no” sia rispettato. Voglio un mondo dove non dobbiamo più abbassare lo sguardo per paura.
Loro non sono numeri. Sono nomi, storie, vite. Sono sorrisi che non vedremo più, voci che non sentiremo più. Io voglio ricordarle tutte, voglio urlare per loro, perché non diventino solo statistiche.
E voglio credere che possiamo cambiare. Che un giorno, una ragazza di diciassette anni come me non dovrà più aver paura di vivere.