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10 Febbraio 2005: “Il giorno del ricordo”

Le uccisioni avvenivano in maniera estremamente crudele. I condannati venivano legati l’uno all’altro con un filo di ferro stretto agli avambracci,  poi disposti a margine delle foibe (inghiottitoi carsici ovvero voragini naturali del territorio carsico). Quindi si sparavano raffiche di mitra non su tutto il gruppo ma solo sui primi della catena di sventurati i quali trascinavano giù gli altri a loro legati; e così quelli scampati alle mitragliatrici, man mano,  morivano con terribili sofferenze sul fondo delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni.

Soltanto a Basovizza (Trieste) circa tremila civili furono gettati nelle foibe del Carso.

Ma occorre un passo indietro per capire meglio le origini di tali atrocità.

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Era l’aprile del 1941 quando l’Italia partecipò all’attacco dell’Asse contro l’ex Jugoslavia; arresasi rapidamente, fu smembrata e parte dei suoi territori furono annessi agli stati invasori.

L’Italia diventò militarmente responsabile della zona che comprendeva la fascia costiera e il relativo entroterra, per comprenderci, dei territori che oggi segnano l‘ex Jugoslavia (Serbia, Croazia, Macedonia, Montenegro, Slovenia e Bosnia-Erzegovina, Kossovo,Vojvodina).

Inizialmente il processo di “italianizzazione” delle zone occupate voluto dal Regime fascista ebbe carattere pacifico ma in Croazia e nella Dalmazia tutta, si procedette con una sorta di “italianizzazione” forzata.

Non tardò la risposta di una vera e propria forza di resistenza da parte della popolazione croata che proseguì per tutta la durata della guerra. E come in tutte le guerre, vennero commessi numerosi crimini compiuti da tutte le parti in causa. Ad esempio, si può citare un episodio repressivo dei reparti militari italiani del 1942, quando per rappresaglia fucilarono gli uomini di un villaggio croato o un altro esempio, quando numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di Arbe (Croazia) e di Gonars (Provincia di Udine).

Con l’armistizio dell’ 8 settembre 1943 il controllo dei territori occupati dagli italiani passa ai tedeschi ma l’efficace difesa dei partigiani istriani determinò la liberazione dell’Istria. La vendetta era alle porte: furono emesse centinaia di condanne a morte non solo per i rappresentanti del regime fascista  o per gli oppositori politici, ma anche per noti personaggi della comunità italiana o potenziali nemici di una comunista Jugoslavia nascente sotto la guida di Tito.

Una seconda ondata violenza si ebbe nel 1945 anno in cui nelle province di Gorizia, Trieste, Pola e Fiume il potere venne assunto dalle forze partigiane jugoslave. Migliaia di italiani dell’Istria e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti le vittime di quei pochi mesi furono tra le quattromila e le diecimila. Numerose indagini storiche fanno ritenere che, tra il 1943 e il 1947, le vittime furono circa 20.000  mentre gli esuli costretti all’esodo furono circa 300.000.

I fatti sono più complessi di quanto si possa scrivere in poche righe ma ciò che ha sorpreso è come “i fatti” appena citati caddero nell’oblio storico per più di 60 anni. Bisognerà attendere il 2004 perché la legge “Menia” (Roberto Menia, deputato triestino) proponesse l’istituzione del “giorno del ricordo”.

Nel giro di pochi mesi il Governo italiano scelse come data il 10 di febbraio poiché quello era il giorno in cui erano stati firmati i trattati di pace di Parigi che assegnavano  alla Jugoslavia territori precedentemente italiani.

Sarebbe sterile affidarsi alla polemica, al dibattito politico, alla mera elencazione degli avvenimenti: ciò che è certo è che la tragedia delle foibe rimane ancora un conto aperto. 

Per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia (Sergio Mattarella)

Di prof.ssa Vita Maria Russo

Vita Maria Russo insegna Italiano e Storia presso l’Istituto Superiore “Ruggiero D’Altavilla”. Con la rubrica "Un minuto di storia" trasforma ogni articolo in un viaggio temporale, offrendo ai lettori di Thunder la possibilità di cogliere l'essenza degli eventi più importanti attraverso un minuto di riflessione che rimarrà impresso nella memoria. Un'educatrice appassionata che dimostra che anche un solo minuto può invogliare alla comprensione di interi secoli di storia.

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