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La ricorrenza di oggi, diciamolo senza veli, è ormai parecchio démodée. Se può avere avuto decenni addietro una valenza socio-politica, l’ha avuta perché contestualizzata agli anni in cui è stata ufficializzata.

Samanta Cristoforetti, Tina Anselmi, Ursula von der Leyen, Kamala Harris, Sheikh Hasina Wazed, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Angela Merkel, Nilde Jotti, Sanna Mirella Marin, Elisabetta II, Jacinda Arden, Rose Christiane Ossouka Raponda, Hillary Clinton (segue un lungo elenco) sembrano rappresentare “13 buone ragioni” per ritenere superata la necessità di una “riflessione” internazionale sulla questione “parità di genere”.

Non si starà qui a elencare le tappe storiche che hanno condotto l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a proporre a ogni Paese di dichiarare un giorno all’anno «Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale» (United Nations Day for Women’s Rights and International Peace) confluito poi nella scelta dell’8 Marzo, ma si intende qui invitare a riflettere seriamente su quanto sia diventato quasi fuorviante sostenere con ogni mezzo tale giornata celebrativa.

Per tale ricorrenza si rimanda al concetto di emancipazione dove l’azione e l’effetto dell’emancipare, (intesi come “liberazione” – ex mancipium) si realizzano quando “l’oggetto” da emancipare diventa “normalità” e, per questa caratteristica, smette di essere oggetto di riflessione. In questo caso l’oggetto è la parità di genere e il processo di emancipazione è così lento che siamo assai lontani “dal non parlarne più” perché non è ancora diventato una normalità. Ma quando se ne intenda parlare… lo si faccia con il coraggio di abbandonare gli stereotipi così bene metabolizzati da risultare nauseabondi.

Personalmente non ritengo più utile continuare “a riflettere” sull’importanza di amare le donne anziché escluderle, di valorizzarle anziché opprimerle, di porgere loro mimose per la vita, ecc. ma bisognerebbe, invece, riflettere sul concetto di DONNA COME PROPRIETA’ maschile che sta caratterizzando il mondo in questo ultimo secolo ancor più che nei precedenti.

Non è affatto necessario chiedere agli uomini, con slogan continui, la concessione del loro rispetto, del loro “amore” o della loro “protezione”. Di queste “concessioni” le donne non sanno che farsene poiché il rispetto è un DIRITTO NATURALE di ogni essere vivente.  

Se gli uomini in guerra si uccidono, le donne vengono uccise come gli uomini… però prima vengono stuprate e quindi umiliate e mortificate e di conseguenza private anche della “normale” morte a cui vanno incontro, ahimè, gli uomini in guerra! Se i maschi sono violenti con le donne è solo perché sono semplicemente DISUMANI e niente di più!

Sarebbe allora facile poter instituire la giornata internazionale della disumanità maschile! Ma i femminicidi sono solo la manifestazione più estrema di una cultura ancestrale che non si vuole risolvere né superare perché profondamente comoda al mondo maschile.

Sarebbe forse più credibile l’8 Marzo se venisse celebrato SOLO dagli uomini perché di sfilare in cortei o blaterare ai microfoni le donne non ne hanno beneficio alcuno. E all’affermazione: “anche gli uomini subiscono violenze dalle donne”, tanto ridicola quanto patetica, gli uomini di buon senso scelgano di tacere!

Di prof.ssa Vita Maria Russo

Vita Maria Russo insegna Italiano e Storia presso l’Istituto Superiore “Ruggiero D’Altavilla”. Con la rubrica "Un minuto di storia" trasforma ogni articolo in un viaggio temporale, offrendo ai lettori di Thunder la possibilità di cogliere l'essenza degli eventi più importanti attraverso un minuto di riflessione che rimarrà impresso nella memoria. Un'educatrice appassionata che dimostra che anche un solo minuto può invogliare alla comprensione di interi secoli di storia.

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