Marie Curie

Foto: Public Domain, but first time in color in 2020., CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


Perché è importante parlare di chimica e delle donne della chimica? Perché è necessario declinare al femminile questa affascinante professione?

La chimica riveste un ruolo strategico come scienza pura e come integrazione ad altre scienze, nell’industria e nell’innovazione sostenibile, così come nella tutela dell’ambiente; essa rappresenta un volano per lo sviluppo economico di un Paese e il contributo delle scienziate è stato ed è di vitale importanza per il progresso della disciplina.

La storia della chimica è anche la storia di donne che hanno cambiato il mondo. Tuttavia, ricostruire il loro contributo nelle scienze fin dall’antichità è complicato; ciò è dovuto principalmente alla scarsità di documenti scritti che si sono conservati fino ad oggi; troppo spesso, infatti, il loro lavoro è stato considerato inopportuno, scomodo o pericoloso.

L’arte della khemeia ha origini antichissime e il ritrovamento di una tavoletta babilonese, risalente al 1200 a.C, ci ha permesso di conoscere la prima chimica della storia, Tapputi, esperta nell’estrazione di essenze e abile nella creazione di profumi.

kerotakis

Anche Maria la Giudea, vissuta tra il I e il III secolo d.C. ad Alessandria d’Egitto, si dedicò inizialmente alle ricette di cosmesi per poi indirizzare il proprio lavoro allo studio di strumenti per la distillazione e la sublimazione. Oltre all’ideazione del balneum mariae, mise a punto il tribijos, un’apparecchiatura per la distillazione e il kerotakis, per sublimare le sostanze.

L’accesso ad un’istruzione formale e le possibilità di sviluppo intellettuale riservate alle donne sono rimaste limitate fino a tempi piuttosto recenti e i nomi femminili legati alla scienza, dal medioevo ai primi del Novecento, hanno rappresentato un’eccezione.  Difficoltà dovute a convenzioni sociali, a pregiudizi, oltre all’accesso negato all’istruzione hanno relegato le donne al ruolo prevalente dell’accudimento e hanno contribuito a creare uno stereotipo femminile che ne ha ostacolato l’accesso alle carriere accademiche, soprattutto in ambito scientifico.

Emblematica è la storia di Maria Salomea Skłodowska Curie, prima donna insignita del premio Nobel per la fisica, nel 1903, insieme al marito Pierre Curie e Antoine Henry Becquerel per gli studi sulle radiazioni. Nel 1911 la scienziata polacca vince il premio Nobel per la Chimica per essere riuscita ad isolare radio e polonio puri. Il percorso della Curie non è stato privo di ostacoli e racconta anche una storia di solidarietà femminile. Non potendo frequentare, in quanto donna, l’Università di Varsavia, Maria Salomea Skłodowska seguiva i corsi di un’istituzione clandestina denominata “Università Volante”, “per la necessità che avevano gli alunni e i professori di cambiare continuamente luogo di ritrovo e sfuggire al controllo russo. Lavorando come istitutrice a Varsavia, permise alla sorella Bronisława di frequentare la facoltà di medicina a Parigi. Quando quest’ultima si laureò non esitò a rispettare il patto che le due sorelle avevano stretto e con il quale si erano rispettivamente impegnate a pagare l’una gli studi dell’altra.  Nel 1891, Maria cambiò il suo nome in Marie e si immatricolò presso l’Università di Parigi, dove studiò fisica, chimica e matematica. L’eccezionalità della sua figura è testimoniata dalla nota foto scattata a Bruxelles, in occasione della V Conferenza di Solvay del 1927, in cui era la sola donna tra 29 scienziati.

Solvay conference 1927
Solvay conference 1927, Benjamin Couprie, Public domain, via Wikimedia Commons

Le parole di Marie Curie: “Nella vita non c’è niente da temere, solo da capire” definiscono il carattere ostinato e combattivo di una donna che ha fatto la storia della scienza e della Chimica.

Maria Salomea Skłodowska Curie

Premio Nobel per la Fisica

Nella vita non c’è niente da temere, solo da capire.

Nel corso del Novecento le donne hanno progressivamente colmato quel distacco accumulato in secoli di esclusione dall’istruzione, conquistando ruoli di prestigio in ambito accademico. In Italia, ad esempio, l’analfabetismo femminile si aggirava attorno al 50% nel 1902, mentre novanta anni dopo il numero delle laureate superava quello dei laureati. Nonostante i numerosi passi avanti, la disparità di genere permane tuttora e lo testimonia la straordinaria esiguità del numero delle scienziate premiate con il Nobel.

A partire dal 1901, anno di istituzione del premio, sono state 66 in totale le donne che lo hanno ricevuto (circa il 4%); il numero scende a 28 se consideriamo le studiose che lo hanno ottenuto nelle discipline scientifiche, economia compresa e sono solo 8 le vincitrici del premio Nobel per la Chimica. Inoltre, accanto alle storie delle donne i cui successi sono stati sanciti dalla comunità scientifica non possiamo non ricordare il lavoro di quelle scienziate a cui il Nobel è stato negato, come le biologhe Rosalind Franklin e Nettie Marie Stevens, le astronome Jocelyn Bell-Burnell e Annie Jump Cannon, le fisiche Chien-Shiung Wu e Lise Meitner. Quest’ultima, definita da Albert Einstein la Marie Curie tedesca, è ricordata per i suoi lavori sulla fisica nucleare e anche per essere una delle scienziate più famose a essere stata vittima dell’effetto Matilda, poiché, nonostante il ruolo essenziale svolto nella scoperta della fissione nucleare, il premio Nobel per la Chimica, nel 1944, fu attribuito esclusivamente ad Otto Hahn.

Il più recente premio Nobel per la Chimica è stato assegnato nel 2022 a Carolyn Bertozzi, insieme a Morten Meldal e Barry Sharpless, per lo sviluppo della “click chemistry”, un nuovo metodo che permette di sintetizzare sostanze complesse in modo semplice e rapido, e della “chimica bioortogonale”, che consente di studiare le biomolecole in tempo reale nei sistemi viventi senza creare problemi di tossicità cellulare.

Un filo rosso lega Marie Curie a Carolyn Bertozzi, lungo un percorso di emancipazione, ancora oggi segnato da pregiudizi e stereotipi non del tutto superati. L’Italia celebra, quest’anno per la prima volta, la Settimana nazionale delle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) che si conclude l’11 febbraio con la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, istituita il 22 dicembre 2015 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’evento ha lo scopo di promuovere la parità e l’emancipazione delle donne, elementi cruciali nello sviluppo economico mondiale.

Conoscere le storie di donne scienziate di successo può rappresentare una potente fonte di ispirazione per tutte le ragazze che si apprestano ad intraprendere gli studi scientifici e può contribuire a costruire la consapevolezza delle proprie potenzialità.

Sono le pressioni sociali e culturali a ridurre drasticamente la presenza delle donne nel mondo scientifico e non le inclinazioni, in quanto dall’analisi dei voti degli studenti e delle studentesse nelle materie STEM si è visto che queste ultime ottengono risultati mediamente migliori rispetto agli uomini.

Le nostre donne STEM sono le nostre alunne che hanno scelto un percorso valido ed innovativo in Chimica, materiali e biotecnologie e a cui rivolgo l’augurio di perseverare nello studio e nell’impegno e di poter contribuire ad abbattere le barriere strutturali e sociali che impediscono alle donne di progredire nella scienza.

Di prof.ssa Elisabetta Verde

Elisabetta Verde è insegnate di Chimica presso l'Istituto Superiore "Ruggiero D'Altavilla" di Mazara del Vallo, indirizzo Chimica e Materiali.

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