“Com’eri vestita?” È il nome della mostra esposta a Mazara del Vallo dal 17 al 21 Marzo, iniziativa promossa dall’associazione Palma Vitae e dalla Fidapa sez. di Mazara del Vallo, con il patrocinio dell’amministrazione comunale.

La mostra, ideata da “Cerchi d’acqua” nel 2018, un centro antiviolenza nel milanese che offre sostegno psicologico alle vittime, ripropone l’installazione artistica americana “What were you wearing?” (Cosa stavi indossando?), traendo ispirazione da una poesia straziante scritta da Mary Simmerling nella quale denuncia la violenza sessuale subita.

se solo fosse così semplice
se solo potessimo
porre fine agli stupri semplicemente cambiando i vestiti

Il titolo di quest’iniziativa altro non è che la domanda posta a tutte le donne vittime di violenze, stupri e molestie con l’intento di colpevolizzarle e alimentare lo stereotipo secondo cui siano loro stesse a provocare gli stupratori/molestatori e sollecitare la violenza. Come chiedere al proprietario di una macchina rubata se quest’ultima avesse i cerchi in lega per giustificarne il furto.

Lo scopo dell’esposizione è abbattere il muro degli stereotipi e guardare aldilà di questa domanda totalmente priva di senso posta a ciascuna di loro, che presume che indossassero abiti “troppo” scollati o gonne “troppo” corte, insomma, abiti che potessero colpevolizzare la vittima.

In realtà, vedremo principalmente abiti sobri, scelti appositamente per evitare di suscitare pensieri sbagliati negli uomini e/o di istigarli in alcun modo. Nell’esposizione, ogni indumento è accompagnato da un cartello che, con poche parole, esprime il dolore che queste donne stanno vivendo e continueranno a vivere per il resto della loro vita.

Ciò che preoccupa maggiormente è che in alcuni di questi cartelli siano riportate frasi dettate anche da altre donne, sottolineando così come gli stereotipi siano radicati non solo negli uomini ma anche nelle donne stesse, da cui invece dovrebbe partire la cosiddetta “solidarietà femminile” che spesso viene a mancare.

La mia amica mi disse: forse, l’hai provocato tu?!?

La parte più struggente è che sono mostrati perfino abiti di bambine, accompagnati da frasi che aggiungono ulteriore angoscia, facendoci capire come a delle creature così indifese possa essere strappata via la propria infanzia e la propria innocenza, non solo da sconosciuti ma persino da uomini (se possono essere chiamati tali) che avrebbero dovuto proteggerle.

Fidati, sai che lo zio ti vuole tanto bene. E io mi fidavo…

La mostra itinerante “Com’eri vestita?” ci fa riflettere sull’ardua realtà di vivere con l’idea che, semplicemente essendo donna, si sia esposte al peggio, indipendentemente dall’abbigliamento e soprattutto dall’età.

Più del 31% delle donne tra i 16 e i 70 anni hanno denunciato almeno una volta varie forme di molestie e violenze, di cui il 13,6% da parte dei partner o ex partner e il 2,6% da parte di parenti (di cui molti padri), numeri che con il passare degli anni vanno inevitabilmente a salire (dati ISTAT).

Questo accadrà fino a quando i provvedimenti non ricadranno interamente sul vero colpevole, cioè sullo stupratore, e non sulla salute mentale della vittima.

What I was wearing
was this:
from the top
a white t-shirt
cotton
short-sleeved
and round at the neck

 

this was tucked into
a jean skirt
(also cotton)
ending just above the knees
and belted at the top

 

underneath all this
was a white cotton bra
and white underpants
(though probably not a set)

 

on my feet
white tennis shoes
the kind one plays tennis in
and then finally
silver earrings, and lip gloss.

 

this is what i was wearing
that day
that night
that fourth of july
in 1987.

 

you may be wondering
why this matters
or even how i remember
every item
in such detail

 

you see
i have been asked this question
many times
it has been called to my mind
many times

 

this question
this answer
these details.

 

but my answer
much awaited
much anticipated
seems flat somehow
given the rest of the details
of that night
during which
at some point
i was raped.

 

and i wonder
what answer
what details
would give comfort
could give comfort
to you
my questioners

 

seeking comfort where
there is
alas
no comfort
to be found.

 

if only it were so simple
if only we could
end rape
by simply changing clothes

 

i remember also
what he was wearing
that night
even though
it’s true
that no one
has ever asked.

 

by Mary Simmerling

Di Erika Nicolosi

Nel cuore della tumultuosa redazione del nostro giornalino, spicca la figura enigmatica e misteriosa di Erika, la nostra redattrice in nero. Silenziosa come un ninja letterario, sfreccia tra gli articoli con la grazia di un gatto in cerca di ispirazione. Ma non lasciatevi ingannare dalla sua apparente aura di mistero, perché dietro quegli occhiali da intellettuale serioso si cela una fervente attivista della penna. Erika è in prima fila quando si tratta di affrontare temi importanti e delicati. Il suo sguardo penetrante può trapassare le pagine per portarvi nei meandri delle questioni sociali più scottanti, e la sua penna è affilata come gli artigli di un felino in caccia. Il mix perfetto tra la quiete apparente di una redattrice in nero e la passione feroce di una difensora dei diritti, il tutto condito con un pizzico di follia felina.

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