Interconnessi Iperconnessi
Già nel 2001, Prensky aveva distinto tra “digital natives” e “digital immigrants”(Twenge, 2018). Affermava che i nostri studenti hanno subìto un cambiamento radicale. Che non sono più quelli per cui il sistema educativo è stato pensato (Horowitz, 2012). Da allora abbiamo fatto passi da gigante. Homeland generation” (Howe e Strauss, 2007). La letteratura scientifica sta ancora cercando di identificare con esattezza le caratteristiche di questa nuova generazione che è in continua evoluzione.
Di certo, senza peccare di un eccesso di generalizzazione, si può affermare che gli studenti di oggi sono globali, interconnessi e iperconnessi; hanno uno stretto rapporto con il mondo digitale e usano la tecnologia sia per comunicare o informarsi, sia per studiare.
Si trovano immersi in un mare di nuovi strumenti digitali, reti di comunicazione e forme di socializzazione che li porta a nuovi e diversificati modelli di apprendimento, spesso in autogestione, innescate dal processo quasi inconsapevole di esplorazione di linguaggi, giochi, interazione sociale, problem solving.
La possibilità di accesso alla web technology, con la smaterializzazione dei contenuti, la loro facile accessibilità e flessibilità (possono essere creati, condivisi, riutilizzati e modificati in continuazione), hanno potenzialmente aumentato significativamente le possibilità educative dei social media, mettendo in discussione il paradigma educativo tradizionale. Il modo di conoscere è cambiato, perché la conoscenza non si raggiunge solo nel luogo fisico “scuola”, ma anche negli spazi virtuali on line. Non più soltanto sul libro cartaceo, con il suo ordine costituito, ma anche su blog (di insegnanti o di scuole), piattaforme di apprendimento, Risorse Didattiche Aperte (OER) e tutti quegli strumenti online che consentono attività didattiche aperte e condivise.
La scuola oggi
Tutto questo “in potenza”. La situazione che emerge nella scuola di oggi è che una popolazione di docenti che parla una lingua datata (cioè quella dell’era pre-digitale), cerca di insegnare a una popolazione di studenti che si esprime con un linguaggio radicalmente diverso e mostra un modo di apprendere che si caratterizza per gli strumenti che ha a disposizione: clicca su link e acquisisce informazioni in pochi secondi seguendo i propri processi mentali e compiendo simultaneamente operazioni multisensoriali che coinvolgono diverse attività cognitive (multitasking). Ecco perché non amano leggere. I libri probabilmente non sono abbastanza veloci e non catturano il loro interesse (Howe e Strauss, 2000; Pedró, 2006; Gee, 2013).
L’ambiente scuola non tiene ancora conto degli aspetti psicologici e antropologici che l’impatto con queste tecnologie ha dettato; l’ambiente scuola fatica ancora a comprendere pienamente la loro rilevanza per l’estensione dei confini fisici e mentali sia degli studenti che degli insegnanti.
Le scienze cognitive e le neuroscienze ci insegnano che la mente, il corpo e l’ambiente sono strettamente interconnessi (Damiani, 2015). Pertanto, se l’ambiente che ci circonda è caratterizzato dal web e dalla connessione in mobilità, diventa chiaro come le dinamiche della trasmissione della conoscenza non siano più basate sulla memorizzazione e la trasmissione verticale, ma sull’interazione e la condivisione orizzontale. I processi di apprendimento si configurano oggi come attività sociali condivise e le tecnologie non come semplici ausili alla didattica, ma il fulcro intorno a cui si articolano le pratiche educative di una scuola che vuole definirsi 4.0.
Il piano Scuola 4.0
In tal senso, si ripongono tante speranze nel Piano Scuola 4.0 del PNRR, nell’ambito del quale la scuola ha ricevuto le risorse per l’azione di trasformazione delle aule in ambienti innovativi di apprendimento e per la realizzazione di laboratori per le professioni digitali del futuro nelle scuole secondarie di secondo grado.
Leggere il documento del Piano Scuola 4.0 come previsto dal PNRR equivale a prendere atto di cosa significhi oggi insegnare nell’era digitale: next generation classrooms (classi di nuova generazione), next generation labs (laboratori di nuove generazione), peer learning (educazione fra pari), problem solving (risoluzione di problemi), cloud computing (utilizzo di server remoti), hosting (servizio di allocazione su un server), cyber security (sicurezza informatica), Internet of things (oggetti in connessi in rete).
Di certo, significa come prima cosa acquisire le competenze adeguate per comprendere il pomposo fraseggio anglosassone di cui il piano è ricco e, quindi, applicare le corrette pratiche di insegnamento nel nuovo ecosistema di apprendimento.
Il DigComp Edu
Il DigCompEdu (European Framework for the Digital Competence of Educators), elencando le competenze che un educatore deve avere per insegnare nell’era digitale, chiarisce come le tecnologie digitali possano migliorare e innovare insegnamento e apprendimento e come i motori del cambiamento siano proprio i docenti e gli educatori. Non bastano competenze tecnico-informatiche o competenze digitali che si mettono in campo nella vita quotidiana, ma sono fondamentali competenze professionali specifiche.
Insegnare nell’era digitale significa oggi operare in nuovi setting formativi dove le tecnologie si fondono e armonizzano in un ecosistema classe composto da media vecchi e nuovi, in un processo di sinergia e complementarietà.
In questo nuovo setting, il libro non è più, insieme all’insegnante, l’unica fonte di conoscenza, protagonista del lavoro didattico, ma è un coprotagonista delle nuove pratiche didattiche multimodali (prima che multimediali), che sollecitano la ragione così come il corpo e le emozioni.
Insegnare nell’era digitale significa “educare navigando”, come suggerisce Carlo Infante (Infante, 1997).
Significa fare del web il nuovo ambiente di apprendimento e favorire il processo di apprendimento in autonomia.
In questo senso, diventa fondamentale anche guidare gli studenti non tanto a usare le tecnologie, competenza che già hanno, quanto piuttosto a farlo in maniera sostenibile, efficace e fruttuosa, “con dimestichezza e spirito critico” (Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2018 (2018/C 189/01).
Il Digital Use Divide
Insegnare nell’era digitale, significa far passare gli studenti dalla “confidenza tecnologica” alla “consapevolezza tecnologica” (Dominici, 2015). Oggi, infatti, non si parla più tanto di digital divide, ma di digital use divide. Non si tratta solo di un accesso diseguale alle tecnologie, ma anche di una mancanza di competenze per utilizzarle in modo efficace.
È vero che oggi gli studenti sono immersi in un mondo di tecnologie digitali. Sono abituati a comunicare online, a consumare contenuti multimediali e ad accedere a informazioni tramite internet. Tuttavia, questa confidenza tecnologica non si traduce sempre in una consapevolezza tecnologica. In altre parole, molti studenti non sono in grado di utilizzare le tecnologie in modo critico e responsabile.
Per superare questo divario, è fondamentale promuovere la digital literacy nelle scuole. La digital literacy non si limita all’apprendimento di nozioni tecniche.
Gli studenti devono essere in grado di distinguere tra informazioni affidabili e non affidabili online. Devono essere in grado di valutare la credibilità delle fonti e identificare i potenziali pregiudizi.
Devono essere in grado di creare contenuti digitali originali e di qualità. Devono conoscere i principi di base del design e della multimedialità.
Devono essere consapevoli dei rischi online e sapere come proteggersi da minacce come il cyberbullismo, il phishing e il malware.
Gli studenti devono essere consapevoli delle implicazioni etiche dell’utilizzo delle tecnologie. Devono sapere come utilizzare le tecnologie in modo rispettoso degli altri e della proprietà intellettuale.
Insegnare nell’era digitale resuppone anche insegnare a navigare “sapendo cosa cerchiamo, come cercarlo, come valutarlo e come utilizzarlo” (Ridi, 1998).
Insegnare navigando è un approccio efficace per promuovere la digital literacy. Questo approccio implica l’utilizzo di internet come strumento per l’apprendimento. Gli studenti imparano a navigare online per trovare informazioni, completare compiti e collaborare con i loro coetanei. Tuttavia, è importante che gli studenti non navighino solo senza meta. Devono sapere cosa stanno cercando, come cercarlo e come valutare le informazioni che trovano.
In questo senso, diventano fondamentali opportuni interventi formativi affinché si diffonda tra le giovani digitali quella digital literacy che li guidi nei momenti in cui mettono in gioco la loro identità, producono contenuti, praticano il multitasking (o task-switching) (Palfrey e Gasser, 2011), affrontando, spesso inconsapevolmente, questioni relative a privacy, sicurezza, proprietà intellettuale e anche qualità e veridicità dell’informazione.
Il potere della Gamification
Insegnare nell’era digitale significa non ignorare i linguaggi che gli studenti utilizzano nella loro vita quotidiana e i contesti virtuali e ludici in cui trascorrono il loro tempo, per questo la Gamification rappresenta una metodologia efficace, in quanto sovrappone e applica al mondo dell’istruzione le regole e strategie tipiche del gioco. Si tratta quindi di “pensare, progettare e ricollocare meccaniche, dinamiche ed elementi di gioco in sistemi o processi quotidiani con lo scopo di orientarsi alla risoluzione di problemi concreti o, parallelamente, per motivare specifici gruppi di utenti” (Zichermann e Cunningham, 2011).
Concludendo, insegnare nell’era digitale significa garantire un nuovo modello di scuola, caratterizzato da metodologie e tecnologie abilitanti; significa trasformare la comunità scolastica in una smart educational community che possa preparare ai lavori del futuro aggiornando, riconsiderando, riqualificando e adattando la maggior parte delle competenze attualmente in uso e, al contempo, inventandone altre di sana di pianta per rispondere ai cambiamenti imprevisti. Previsioni sulle professioni del futuro ne circolano in quantità in rete, spesso con titoli che non avevamo mai sentito nominare pochi anni fa, come ad esempio, e-commerce managers, SEO, life coaches, brokers del tempo, data analysts e scientists, big data specialists, cloud architects, etc. (World Economic Forum, 2017). Compito della formazione e del mondo della scuola è quello di imparare a immaginare il domani, lavori che magari non esistono ancora e che richiedono competenze e abilità per le quali gli studenti non sono stati preparati nello specifico, ma che possono però essere preparati ad acquisire rapidamente. È questa la sfida della scuola, preparare il terreno di domani con nuovi metodi di formazione che dispongano gli studenti all’elaborazione di strategie, che li spingano a risolvere problemi, che aprano la mente.
Bibliografia essenziale
- J.M. Twenge, Iperconnessi. Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, piú tolleranti, meno felici e del tutto impreparati a diventare adulti, Einaudi, Torino 2018.
- B. Horowits, “After Gen X, Millennials, what should next generation be?”, Usa Today 5 (2012).
- N. Howe e W. Strauss, “The next 20 years: How customer and workforce attitudes will evolve”, Harvard business review 85(7-8) (2007), pp. 41-52.
- N. Howe e W. Strauss, Millennials Rising: The Next Great Generation, Vintage Original, New York 2000. Vedi anche F. Pedró, “The New Millennium Learners: Challenging our views on ICT and learning”, IDB Publications (Working Papers) 2432, OECD-CERI, 2006, pp. 1-17. Vedi anche J.P. Gee, Come un videogioco. Insegnare e apprendere nella scuola digitale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013, pag.64.
- P. Damiani, A. Santaniello e F.G. Paloma, “Ripensare la Didattica alla luce delle Neuroscienze Corpo, abilità visuospaziali ed empatia: una ricerca esplorativa”, Giornale Italiano della Ricerca Educativa 8.14 (2015), pp. 83-105.
- C. Infante (a cura di), La scuola e il web per educare on line, Netbooks, Buccinasco (MI) 1997, p. 112.
- Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2018 (2018/C 189/01): “La competenza digitale presuppone l’interesse per le tecnologie digitali e il loro utilizzo con dimestichezza e spirito critico e responsabile per apprendere, lavorare e partecipare alla società. Essa comprende l’alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione, l’alfabetizzazione mediatica, la creazione di contenuti digitali (inclusa la programmazione), la sicurezza (compreso l’essere a proprio agio nel mondo digitale e possedere competenze relative alla cybersicurezza), le questioni legate alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico”.
- M. Dominici, Il digitale e la scuola italiana, Editoria, Presente e Futuro 9, Ledizioni, Milano 2015, p. 405.
- R. Ridi, “Alfabetizzazione informativa e cittadinanza telematica: le risorse informative in rete fra globalizzazione planetaria e localizzazione metropolitana”, in R. Vecchiet (a cura di), La biblioteca, il cittadino, la città, Atti del XLII Congresso nazionale dell’Associazione italiana biblioteche, Trieste, 27-28-29 novembre 1996, AIB, Roma 1998, pp. 96-107, p. 104.
- Sul termine task-switching, vedi J. Palfrey e U. Gasser, “Reclaiming an Awkward Term: What we Might Learn from ‘Digital Natives’”, Journal of Law and Policy for the Information Society 7.1 (2011), pp. 33-55, p. 43: “But they are often doing more than one thing at once-or, more accurately, switching back and forth between various tasks one after another (“switch-tasking” rather than multitasking).”
- G. Zichermann e C. Cunningham, Gamification by Design: Implementing Game Mechanics in Web and Mobile Apps, O’Reilly Media, Sebastopol, CA 2011.
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