Con l’avvento della Pasqua è tornata di moda la triste pratica del sacrificio degli agnelli per la medesima festività religiosa.

Ogni anno, più di 600.000 agnellini vengono separati dalle loro madri a soli 40 giorni di vita, solo per essere sacrificati in nome di una tradizione che manca di fondamento. Chiunque abbia familiarità con la Bibbia, indipendentemente dalle proprie convinzioni religiose, può riconoscere che questa pratica contraddice il testo stesso. Infatti, secondo la Bibbia, l’agnello sacrificale per l’umanità è Gesù Cristo stesso, come affermato nel Vangelo di Giovanni (Giovanni 1:29): “Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù venire verso di lui e disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!»”.

E come disse il profeta Isaia: “Non bevo il sangue dei vostri sacrifici, né mangio la carne dei vostri agnelli.” Questo ci fa riflettere su come questa tradizione sia semplicemente un fraintendimento, o forse un’altra scusa per giustificare le barbarie umane inflitte ai cuccioli più indifesi.

A porsi contro questa crudeltà ci pensa la campagna Save the lamb (dall’inglese, Salva l’agnello), creata nel 2014 dall’associazione “Animalisti Italiani Onlus”. Ogni anno questi ferventi attivisti per i diritti degli animali si dedicano alla sensibilizzazione delle persone, invitandole ad abbandonare questa pratica inutile e perversa e a partecipare attivamente tramite numerosi contest.

Un esempio del #SaveTheLambContest è quello che è nato nel 2018, dove inviando una foto di un piatto sostenibile (senza proteine animali), si aveva la possibilità di vincere premi e gadget. Le ricette sarebbero state valutate dai blogger e dalle blogger di Patata Bollente, un blog culinario specializzato in ricette vegetariane e vegane.

Questo contest, non solo ha lo scopo di invogliare le persone a cucinare senza il consumo di carne, ma intende anche mostrare alla gente che l’alternativa esiste e spesso è anche molto gustosa.

Quindi, Buona Pasqua e Save the Lamb!

Di Erika Nicolosi

Nel cuore della tumultuosa redazione del nostro giornalino, spicca la figura enigmatica e misteriosa di Erika, la nostra redattrice in nero. Silenziosa come un ninja letterario, sfreccia tra gli articoli con la grazia di un gatto in cerca di ispirazione. Ma non lasciatevi ingannare dalla sua apparente aura di mistero, perché dietro quegli occhiali da intellettuale serioso si cela una fervente attivista della penna. Erika è in prima fila quando si tratta di affrontare temi importanti e delicati. Il suo sguardo penetrante può trapassare le pagine per portarvi nei meandri delle questioni sociali più scottanti, e la sua penna è affilata come gli artigli di un felino in caccia. Il mix perfetto tra la quiete apparente di una redattrice in nero e la passione feroce di una difensora dei diritti, il tutto condito con un pizzico di follia felina.

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